Nadal, il picco massimo del petrolio, il picco minimo del BTp e il vero punto di non ritorno

Siamo tutti nella stessa tempesta, ma non sulla stessa barca. Così titolava qualche giorno fa il Financial Times a proposito del Covid e delle diseguaglianze che sta esacerbando.

Siamo d’accordo.

Ma ciò non toglie che il radicale cambiamento che porterà la pandemia, e che in buona parte ha già portato, riguarderà tutti. Ma proprio tutti, che tempo qualche anno si ritroveranno in un mondo dalle regole e dalle abitudini molto diverse.

L’unica eccezione, almeno oggi, la merita Rafael Nadal, ma questa è un’altra storia.

Due fatti accaduti in settimana, tra i tanti, ci confermano che un punto di non ritorno è vicino.

Il primo fatto riguarda il petrolio: l’Opec per la prima volta ha ammesso che la domanda non crescerà all’infinito. E ha pure azzardato una data: il 2040. Da allora, ritengono i grandi paesi produttori (loro malgrado), i consumi inizieranno a ridursi, in quel trend alla decarbonizzazione che il virus ha accelerato.

Il secondo riguarda i BTp, i nostri titoli di Stato. Che in settimana hanno ritoccato più volte il loro minimo storico: oggi un decennale italiano rende lo 0,7%.

Il merito non è nostro, ma di tutti gli sforzi messi in campo dalle banche centrali e dall’Unione europea per contenere gli effetti della pandemia: l’inondazione di liquidità e di stimoli ha annacquato il rapporto rischio/rendimento per tutti i titoli, e anche noi ne abbiamo beneficiato.

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Sbagliato illudersi, perché se è vero che noi paghiamo poco continuiamo comunque a pagare più di quasi tutti gli altri (come dimostra il grafico qui sopra, aggiornato a una settimana fa).

Ma questa botta ai rendimenti proprio nel momento in cui tutti si indebitano (e quindi i rischi salgono) rivela che prima o poi le regole che governano il mercato globale del debito saranno messe in discussione. Per quel che può, lo ha detto chiaramente la numero uno del Fondo monetario, Kristalina Georgieva, che domani inaugurerà la prima edizione virtuale dei meeting annuali del Fondo: difficilmente il mondo potrà ripagare tutti i debiti, meglio decidere subito come ristrutturarli. Più in generale, serve una nuova architettura per il debito globale, ha detto l’economista bulgara.

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Non è poco. E’ tanto, quasi tutto.

Ce lo ripetiamo da mesi, ma non ci rendiamo ancora conto della portata che la prima pandemia del mondo globalizzato avrà sulla nostra vita, il nostro lavoro, il valore che attribuiamo a questo o quello. Ne parlavo qualche giorno fa con un amico che si occupa di affari e ne vede di tutti i colori: pochi imprenditori, finora, hanno capito il livello della sfida.

Siamo tutti nella stessa tempesta, e – in barca o a nuoto – ne usciremo diversi.