Molti si sarebbero volentieri evitati questo voto anticipato, la caduta prematura del rassicurante governo Draghi, questa campagna elettorale last minute e quindi ancora più grottesca, urlata e improvvisata della media.
Ma a febbraio, alla scadenza naturale della legislatura, lo scenario sarebbe stato più o meno lo stesso. E tutti ci saremmo arrivati ancora più provati, condannati a mesi – non settimane – di campagna elettorale vera e presunta intorno alla legge di bilancio (che è una cosa seria, soprattutto quest’anno).
E poi. La caduta traumatica e improvvisa di fine luglio, e pensarci bene meno traumatica e improvvisa di quanto ci è sembrata a caldo è avvenuta di fronte a un governo che aveva le idee chiare su come chiudere il suo percorso. E che a quelle stesse idee ha inchiodato il Parlamento, facendo emergere idee, posizioni, tatticismi degli uni e degli altri.
Una situazione, questa, che – a differenza del passato – aiuta a capire esattamente per cosa voteremo il 25 settembre. E suggerisce che non voteremo solo per partiti che non sempre ci rappresentano, per leader sovraesposti, per slogan spesso vuoti.
Questa volta molto più di altre voteremo su diverse idee di futuro per l’Italia. Costruite intorno a due punti di riferimento fattuali: il Pnrr e la Russia.
- Il Pnrr non è il Vangelo, è migliorabile in molti suoi punti. Ma è il primo tentativo forse dal secondo dopoguerra di disegnare un percorso di trasformazione per l’Italia, su linee definite, con risorse esistenti e ingenti, oltre che in parte non nostre.
- La Russia non è solo la Russia, è la chiave del posizionamento che l’Italia intende avere nel mondo. C’è modo e modo di leggere e interpretare quanto sta facendo lo Zar. C’è modo e modo di leggere, interpretare e interagire con quello che sta cercando di costruire l’Europa e il resto del mondo, Stati Uniti in testa, magari cercando di costruire più che di smontare.
Ecco per cosa voteremo, ecco dove si decide da che parte stiamo. Non è poco. Senz’altro più di altre volte.