Fatto il campione Sia-Nexi c’è da vincere in Europa. I soldi di Google, bitcoin e l’euro digitale

Tra Sia e Nexi il matrimonio s’aveva da fare da anni, ora finalmente si farà. Dopo una settimana di cavillosità che hanno fatto la fortuna degli avvocati d’affari, a minuti i cda dei due gruppi decideranno la fusione da cui nascerà un gruppo da 2 miliardi di fatturato che ha saperi e stazza per competere non solo in Italia ma anche in Europa.

Ecco il punto, per evitare stucchevoli trionfalismi. In un Paese orfano di politiche industriali e povero di gruppi leader, Sia e Nexi – un po’ simili e un po’ complementari – sono una felice eccezione: sulla loro strada hanno avuto la fortuna di incontrare manager visionari, un tessuto bancario che ne ha colto e cavalcato il valore e pure degli azionisti che hanno fatto il loro comprensibile interesse ma non al punto da penalizzarne lo stato patrimoniale o le prospettive. Ecco così due gioielli che messi insieme possono brillare in giro per il mondo: Cdp, che su Sia ha speso parecchio e ora si vede meritatamente premiata come socio di riferimento, dovrà mostrarsi anche capace di visione e rapidità d’azione su uno scacchiere non più solo domestico.

I pagamenti digitali, d’altronde, sono un settore chiave. Per l’Italia alle prese con il piano cashless e la costante esigenza di fare luce sul nero, per l’Europa e il mondo dove criptovalute e blockchain non sono solo abitudini ormai consolidate ma strumenti di potere. Non si spiegherebbe altrimenti la scelta della Bce di sdoganare l’euro digitale: è un cantiere, un oggetto di studio – ha fatto intendere la task force guidata dall’italiano Fabio Panetta – ma è anche una specie di testata nucleare che si intende armare per scopi difensivi e nella speranza di non doverla usare.

E a proposito di processi che accelerano, ce n’è uno a noi particolarmente caro qui in Kordusio. Parliamo di Google News Showcase, il progetto annunciato in settimana che vedrà il gruppo americano investire un miliardo per comprarsi news di qualità dalle testate di mezzo mondo. Siamo agli annunci, ma può essere la volta buona perché l’iceberg salvi il Titanic nel nome dell’informazione di qualità: meglio che Google & friends decidano di comprarsela, piuttosto che obbligarli a pagarla. E visto che intanto buona parte dell’editoria si è equipaggiata per fare meglio sprecando di meno, può essere un’occasione per ridare una prospettiva a chi nel frattempo se l’è meritata.