C’è qualcosa che non torna se S&P’s promuove l’Italia e Bruxelles la sgrida

Dopo 15 anni un’agenzia di rating, peraltro quella considerata più severa (cioè Standard & Poor’s) ha promosso l’Italia. Cioè ha migliorato il suo giudizio sull’economia, cosa che non è mai accaduta da quando sono nati i rating (nel 1988!): gli americani ci hanno tolto il meno e dato un BBB. Che è come avere 6 in pagella. Non un gran voto, ma è a due passi dall’insufficienza (in mezzo c’è ancora il 6-) e non è un dettaglio: semplificando, il rating sul Paese diventa automaticamente il rating applicato sui titoli di Stato, ma anche sui bond di una lunga serie di società (in primis le banche) che nei fatti risentono pesantemente delle condizioni dell’economia in cui risiedono.

Quando  più basso è il giudizio, tanto più alti sono gli interessi che lo Stato o la società dovrà pagare per farsi comprare i suoi titoli obbligazionari. E se il giudizio è insufficiente, in gergo il bond diventa “junk”, spazzatura: valore basso e scarsissima possibilità di essere utilizzato come garanzia per altri scambi.

Quindi, bene. È curioso, però, che l’inattesa promozione sia arrivata in una fase a dir poco particolare, in cui la forchetta tra i numeri dell’economia e quel che ci capita intorno non è mai stata così divaricata. Abbiamo messo in sicurezza il sistema bancario, come giustamente fa notare S&P, e in più le prospettive di crescita del Pil reale quest’anno è dato all’1,4% e in media all’1,3% nel 2018-2019, un andamento migliore – e non di poco – rispetto alle previsioni dello 0,9% per il 2017 dello scorso maggio sempre di S&P.

Fin qui i numeri. Le cronache, invece, ci dicono che il governo è riuscito quasi a farsi esplodere su una mina scansabilissima come la conferma di Ignazio Visco in Banca d’Italia e che la legge elettorale che probabilmente (non) determinerà alcuna maggioranza in primavera è passata solo con una raffica di voti di fiducia. E che la Commissione europea non è troppo convinta della nostra manovra finanziaria, tanto è vero che – proprio ieri, poche ore prima della pagella di S&P – ha chiesto chiarimenti al Tesoro, da inviare al più presto.

Chi ha ragione? La pancia che borbotta o la testa che sorride? Come tutti i giudizi, anche quello di S&P può essere ormai superato dagli eventi (speriamo di no) oppure guardare più lungo (speriamo di sì). Ma una cosa la certifica: la realtà e i numeri sembrano sempre più divergenti.

In pratica, per usare una metafora d’attualità: l’aria che respiriamo ci pare  molto peggio di quello che ci dicono le centraline. Chiunque abbia ragione, è un problema.