C’era nebbia stamattina, a Torino e poi a Milano. La stessa che ha avvolto e distorto molte cose strane accadute nel 2018 e che si prepara a fare altrettanto nel 2019. Ma almeno sul colle più alto di Roma c’è un po’ di luce. Che non passa inosservata, se è vero che milioni di italiani hanno letto, ascoltato e commentato il discorso del presidente Sergio Mattarella.
Bene.
Ieri aspettando la mezzanotte Marco mi ha fatto notare che da tempo non mi faccio vivo in Kordusio. E uno dei motivi sta proprio in questa nebbia, così fitta negli ultimi mesi. C’è molto da fare, e al tempo stesso se ne capisce sempre di meno.
Forse la colpa è mia, privilegiato pennivendolo (ma questa è un’altra storia).
Sta di fatto che nel mondo i mercati sono sulle montagne russe, tutti ci si interroga sull’imminente arrivo di una recessione con la tipica determinazione della profezia che si autoavvera. L’Italia, nel suo piccolo, per tre mesi ha fatto (o ha fatto finta di fare?) a botte con l’Europa su una manovra econonica piovuta sul Parlamento dopo infiniti ritocchi. Ora, se tutto andrà come deve, ed è assai improbabile, ci regalerà una crescita dell’1 – uno, UNO – per cento nel 2019. Poco in assoluto. Pochissimo se pensiamo a quanto ci è costata in termini di reputazione e logorìo politico e mediatico.
Dal punto di vista finanziario, per quel poco che vedo o capisco, le banche terranno ancora banco: Carige, ahinoi, è l’ennesima punta del solito iceberg. E mentre a Genova si prepara a esplodere una nuova crisi, ecco che la nebbia di fine 2018 ha inghiottito quelle vecchie: nuovi spazi si aprono per i rimborsi di chi ha perso tanto o poco nelle crisi delle casse del centro Italia risolte due anni fa, e poi di Veneto Banca e Popolare di Vicenza. Prepariamoci anche qui a fare a botte: con l’Europa (visto che l’Italia ha riscritto sua sponte le regole sul bail in) e fra di noi, perché (ri)aprire quella porta significa (ri)aprire una ferita dolorosissima. Sentiremo, temo, le urla.
Quindi?
Potrà sembrare retorica dei buoni sentimenti, come ha detto il Presidente. Ma visto il contesto non ci resta che ripartire da quel senso di comunità che nonostante tutto spesso affiora dall’italico indivualismo: “Sentirsi comunità significa condividere valori, prospettive, diritti e doveri. Significa “pensarsi” dentro un futuro comune, da costruire insieme». Quale miglior augurio per questo 2019.
(nella foto, Nebbia su Roma, di Ippolito Caffi, Museo di Roma)