La Consulta spariglia il tavolo di Atlantia, da Ubi-Intesa carte ancora coperte

La finanza non è un gioco ma a volte ci somiglia assai. In settimana ne abbiamo avuto evidenza almeno su due tavoli diversi, dove si gioca il destino di Atlantia e Autostrade e quello dell’offerta di Intesa su Ubi.

L’arbitro e le autostrade

Partiamo dalle Autostrade, di cui abbiamo parlato giusto una settimana fa qui in Kordusio. Mercoledì la Corte Costituzionale si è pronunciata in modo più perentorio e immediato di quanto non ci si aspettasse, decretando la piena legittimità del Decreto Genova del 2018, nei fatti aprendo alla possibilità di revoca della concessione autostradale alla controllata di Atlantia. In pratica, è intervenuto l’arbitro su una partita tra governo, prima gialloverde e poi giallorosso, e Aspi che andava avanti tra irrigidimenti e distensioni da due anni e pareva – ci saremmo aspettati – destinata a chiudersi ai rigori.  Immaginavamo già il finale: un brivido, un colpo di scena e tutti contenti, vale a dire un accordo trovato a poche ore dall’inaugurazione del nuovo ponte di Genova che consentiva al Governo di portare lo scalpo dei Benetton, e a questi ultimi – pur diluiti – di salvare la concessione in capo ad Aspi.

Creando forse un problema più che un’opportunità a Palazzo Chigi dove si fa palla lunga su tutto, la decisione della Consulta impone di chiudere prima, enfatizzando la spaccatura tra Pd e Cinque Stelle. Com’era prevedibile, l’ultima proposta di Atlantia inviata ieri descritta da Laura Galvagni sul Sole ha reso negoziabile ciò che finora non lo era stato (la maggioranza in Aspi) e ha accolto le richieste in fatto di investimenti e tariffe, rendendo pragmaticamente ostico al Governo dire di no come vorrebbe l’ala pentastellata. Anche perché se così facesse, nei fatti non cambierebbe nulla e per almeno un paio d’anni a gestire buona parte della rete autostradale italiana resterebbero loro, i Benetton, visto che si dovrebbe aprire un iter complesso e inesplorato. Vallo a spiegare, il 10 di agosto quando si taglierà il nastro del nuovo ponte sul Polcevera.

A questo punto il finale atteso martedì al consiglio dei ministri dato per decisivo (chissà) si fa carico di suspense e suscettibile di colpi di scena, come dimostra la tentazione di esercitare per ritorsione o forse per dispetto il golden power su Telepass, altra controllata Atlantia di cui si vorrebbe cedere una minoranza. Così sì che finirebbe a botte, con il rischio concreto di qualche colpo basso che farebbe paura ben oltre il nostro piccolo cortile, dove la disinvoltura con cui si maneggia il golden power o armi simili (vedi i casi Molmed e Huawei) inizia a destare una certa apprensione.

Le mosse dei soci Ubi e di Intesa

La prima settimana dell’offerta di Intesa su Ubi si è chiusa invece con l’1% del capitale dell’ex popolare “promesso” a Ca’ de Sass. In pratica, niente. Non vuol dire molto, se non che finora la partita è tattica e i grandi giocatori aspettano un segnale. Le Fondazioni Cuneo e Monte di Lombardia da Société Générale, che dovrà consigliare come muoversi, i grandi fondi dai proxy advisor che dovranno fare altrettanto. Tutti, inclusi i piccoli soci o gli imprenditori pattisti di Bergamo e soprattutto Brescia, non hanno perso le speranze di un rilancio, o di qualcosa che possa assomigliarvi. C’è tempo fino al 28 luglio, salvo non improbabili proroghe: mettiamoci comodi.

La partita a scacchi del 5G

Sulle autostrade è braccio di ferro, tra i soci di Ubi sembra di vedere una partita a poker. E poi c’è la partita a scacchi della rete 5G, dove i giocatori sono più di due ma – come negli scacchi – solo pochi esperti della materia riescono a decifrare mosse e obiettivi. Su questo tavolo è da segnalare l’incontro avvenuto in settimana tra il ministro Gualtieri e il ceo di Enel, Francesco Starace, caldamente invitato – pare – a sbloccare la partita della rete unica trovando il modo di cedere il suo 50% di Open Fiber. Non so se Starace sia un bravo scacchista, ma certo è campione di 5G: Gualtieri è suo primo azionista, certo, ma il manager appena rinnovato ha dalla sua il dovere di cedere a buon prezzo la sua quota. Dunque non è detto che sia la volta buona.

E già che siamo dalle parti di Via XX Settembre, chiudiamo con un cenno al BTp Futura, che in settimana ha raccolto oltre 6 miliardi. Dal Tesoro si sono affrettati a dire che è andata meglio delle attese e hanno certamente ragione, ma si nota la differenza con i 22 miliardi raccattati dal BTp Italia a fine maggio. Il motivo è semplice: rendeva di più, e poi il pozzo non è senza fondo. Ma è bene ricordare che anche in Italia le vie del risparmio non sono infinite.

(nella foto la celebre partita a scopone al ritorno dai mondiali di Spagna dell’82 tra Pertini, Bearzot, Causio e Zoff)