La piccola grande lezione della matricola Gvs

Prima ha raccolto ordini per sei volte l’offerta, poi ha fissato il prezzo al massimo della forchetta, quindi ha chiuso la sua prima seduta a Piazza Affari a +27%. Alle imprese a caccia di visibilità e capitali per lo sviluppo ha qualcosa da insegnare il caso Gvs, la prima (e forse l’unica) matricola del mercato principale di Piazza Affari di questo infame 2020.

Cosa ha comprato il mercato? La leadership nel mercato dei filtri, l’internazionalizzazione spinta (il 90% del fatturato è fuori dall’Italia), i numeri di un gruppo che punta a chiudere l’anno con 320 milioni di ricavi e soprattutto un margine Ebitda al 31%. E poi la stabilità: Gvs non rinuncia a presentarsi come un’azienda familiare alla seconda generazione, dove l’azionista di controllo – la famiglia  Scagliarini –  ha deciso di portarla in Borsa mantenendo il 60% del capitale e il 75% dei diritti di voto (voto maggiorato già efficace per i vecchi azionisti, gli altri dovranno aspettare 24 mesi).

Il caso Gvs, raccontato ieri da Antonella Olivieri sul Sole, dimostra chiaramente che il mercato c’è per chi lo sa conquistare. E dimostra anche che per conquistarlo, in questo caso con l’aiuto di Goldman Sachs e Mediobanca, non servono effetti speciali: non servono numeri grandi ma basta una buona storia, molto italiana, di innovazione e innata propensione alla crescita. E un po’ di pazienza: le prime avvisaglie, captate da Carlo Festa, risalgono all’autunno scorso.

In questi mesi di pandemia si ragiona molto, e giustamente, della necessità di portare la finanza verso le imprese. Cioè di accompagnare le imprese verso il grande mercato dei capitali, che sia il risparmio degli italiani o il private equity che viene da lontano. Le vie della finanza alternativa sono tante e benedette perché possono mettere in collegamento domande e offerte che fino a ieri si ignoravano. Ma oltre a quelle alternative resta anche la strada principale che porta dritta alla Borsa: per chi se la sente, le soddisfazioni non mancano.