Provo una certa invidia per chi scrive libri in scioltezza. Proprio stamattina ho ricevuto una telefonata da un collega che per me è campione indiscusso: l’anno scorso ne ha spagnottati 8, e ancora si rifiuta di rivelarmi il nome del pusher, o anche solo quale sia la droga o l’alcolico che tiene nel cassetto della scrivania.
Io non ce la faccio. Nel 2009 ho sfornato il primo, Campus all’italiana, ma per riprendermi ci ho messo almeno quattro o cinque anni. Perché mettersi a scrivere un libro è come iniziare a costruire una casa, o avviare un Roma-New York sul simulatore di volo: è fatica, testa, tempo, ram che se ne va. Un pezzo di te che non riesce a staccarsi del tutto da questa specie di cantiere che hai avviato e finché non sarà terminato non potrai dormire in pace la notte.
Lungo antefatto per celebrare degnamente un traguardo non banale e confermare dopo i rumors di questi mesi che ci siamo con il secondo: Figli di Papà – Appunti e storie per costruire l’eternità dell’azienda di famiglia.
E’ stato un lavoraccio, anche stavolta. Meno faticoso perché eravamo in due, ma più impegnativo perché con il professor Bernardo Bertoldi in questi anni abbiamo speso (investito?) decine di ore a discutere, e poi a ridiscutere da capo, come costruire questa cosa.
Ne sono però soddisfatto, e anche un po’ orgoglioso. Perché c’è un pezzo di noi. E un’idea di partenza che – strada facendo – si è fatta sempre più forte: parlare dei Figli di Papà, cioè parlare delle imprese famigliari in particolare guardando alla fase del passaggio generazionale, significa puntare il dito su un ingranaggio decisivo di una delle cose migliori che ci restano in Italia, cioè le sue aziende. Le aziende con una storia, un’identità, un’ambizione che non fa parte solo della partita Iva e del conto economico o del magazzino ma anche del Dna familiare. In tutto il mondo – semplifico – è dimostrato che le imprese a controllo familiare sono più resilienti della media, ma in Italia dove il genio imprenditoriale si mescola a un ruolo ancora centrale della famiglia vale ancora di più. C’è del miracoloso nel vedere così tante storie di successo in un Paese che non cresce, deinfrastrutturato, orfano da decenni di una politica industriale. Non ci fossero delle famiglie, non si spiegherebbe il coraggio e la forza (o la fortezza?) con cui vivono e prosperano in tutto il globo così tante imprese italiane.
Nel libro raccontiamo alcune storie di imprese familiari, con i loro alti e bassi, le loro scelte strategiche, i loro successi e i loro nodi irrisolti. Ma, grazie al professore, proviamo anche a offrire alcuni consigli, utili a padri, figli e chi sta loro intorno, per affrontare per tempo il tema della continuità aziendale. Azzardiamo: dell’eternità aziendale.
Non è un terreno facile, e il libro non fa sconti. L’asticella è alta, e l’impressione è che l’accelerazione di tutti i processi competitivi e di innovazione tecnologica non la faranno abbassare. Anzi.
Ma proprio per questo siamo anche convinti che affrontare questo passaggio con lucidità, mettendosi in condizione di gestirlo e non di subirlo, possa preservare e valorizzare il grande patrimonio imprenditoriale italiano. E non solo: con o senza impresa alle spalle, siamo tutti Figli di Papà.
E qui l’economia non basta più: siamo nella psicologia, nella sociologia, forse anche nell’etica.
Ci sia da fare i conti con la responsabilità e le ineluttabili disruption generate dall’innovazione, come ha detto Pietro Sella stasera alla prima presentazione che abbiamo fatto a Torino, o tra prudenza e coraggio, come ha suggerito Camillo Venesio, siamo alle questioni nodali per il futuro del Paese, che ha nelle imprese famigliari uno specchio fedele. Per non parlare del tema della leadership, sollevato da Gian Maria Gros-Pietro, che ci ha onorato non solo leggendo ma addirittura studiando e sottolineando il nostro volumetto color arancio.
La sensazione, pur con la giusta dose di understatement, è che il tema sia rilevante. Aprendo innumerevoli porte, come ha sottolineato Giovanni Tamburi nelle conclusioni riprese ieri su Il Sole 24 Ore, in cui affronta un’altra questione rilevantissima, che è il ruolo dei familiari semplici azionisti.
Dunque se è una cosa seria, l’umile ambizione a questo punto è di animare una costruttiva discussione sul futuro delle imprese italiane. E magari non solo.
Buona lettura !
Figli di Papà – Appunti e storie per costruire l’eternità dell’azienda di famiglia. Franco Angeli, 144 pagine, 19 euro