Più dell’accelerata di Intesa su Ubi, facilmente pronosticata, qui in Kordusio in settimana si sono fatti notare due rally, quello del BTp e di Tesla.
Distanti tra loro anni luce, hanno in comune anche una certa distorsione della realtà. Che ci ricorda quanto la finanza sia un mondo a sé stante ma anche un segnalatore implacabile di rischi e opportunità che incombono sulla nostra testa.
La corsa di Tesla…
Partiamo da Elon Musk, che già arrivava da una corsa senza precedenti. Al punto che alla vigilia dei conti semestrali si erano accalcati come non mai gli shortisti, cioè chi scommette sul ribasso del titolo: in tanti, a Wall Street e dintorni, pensavano che i conti avrebbero in parte deluso e innescato una correzione del titolo. Tesla li ha smentiti ancora una volta e con una trimestrale decisamente migliore delle attese ha evitato il tracollo. Oggi l’azienda, che da aprile a giugno ha prodotto 82mila auto e ne ha consegnate 90mila, vale 260 miliardi di dollari ed esprime un multiplo strabiliante da 720 volte gli utili. Per dire: Fiat Chrysler, che peraltro a Tesla ha versato quasi mezzo miliardo per poter inquinare al posto suo, vede quel multiplo a 3,3.
Dunque il mercato su Tesla è talmente fiducioso sul futuro della sua scommessa elettrica da ignorare i numeri modesti del presente. E compra.
…e quella del BTp
Quello stesso mercato dove il BTp decennale in settimana è tornato sotto l’1%, a valori pre-covid. Molto più fiducioso degli effetti del benedetto Recovery plan che spaventato dai 100 miliardi di extradeficit che la pandemia ha già preteso dell’Italia, che proprio in settimana ha varato l’ennesimo scostamento di bilancio da 25 miliardi.
Eccola qui, la bolla dove ci ritroviamo tutti narcotizzati in un presunto new normal che tale mai potrà diventare semplicemente perché insostenibile: i contributi a fondo perduto, la cassa integrazione e lo stop ai licenziamenti li stiamo pagando con il debito e quindi con i soldi dei nostri figli.
Attese da onorare
Può sembrare ardito, ma Elon Musk e gli occupanti attuali e futuri della scrivania che fu di Quintino Sella al Tesoro hanno lo stesso bisogno: mantenere le attese che, volenti o nolenti, il mercato ripone nei titoli che sta comprando. Tesla dovrà tenere il passo delle promesse – le auto, i camion e tutto il resto – l’Italia dimostrare che la pioggia di risorse in arrivo dall’Europa verrà impiegata per ridurre le emissioni di BTp. Cioè alimentando serie e credibili politiche di crescita, che vadano oltre le consuete mance o le leggi finanziarie da sussistenza.
Intesa, Autostrade e Poste
Liquidiamo, vista anche l’ora, tutto il resto con un volo d’uccello. A dispetto dei numeri, apparentemente ancora bassi, Intesa è a un passo da Ubi in un’operazione che probabilmente non crea tanto valore ma sicuramente contribuirà a salvarne una parte: per un settore maturo e strategico come quello bancario non è poco. Un cenno lo merita anche Autostrade: mentre viaggiare per l’Italia è un incubo, e non solo in Liguria, ora è partita la caccia a soci di mercato ma non troppo: italiani, pazienti, addomesticabili. Infine menzione speciale a Poste Italiane: il colosso che ormai vive residualmente di recapiti e principalmente di tutto il resto, compresa la telefonia, ha deciso di lanciarsi sul mercato del fisso. E in piena guerra civile tra Telecom e Open Fiber in nome della rete unica ha deciso di fare due accordi, gemelli, con entrambi. Chapeau.