Non credo di essere originale. Ma non riesco a non vedere nello sciopero di Alitalia di oggi lo specchio di un Paese a terra. Meglio, di un Paese – forse un paese? – che da troppo tempo preferisce mettere la testa sotto terra piuttosto che affrontare una volte per tutti i problemi, cercando di risolverli e passare oltre.
Lo sciopero di oggi, con centinaia di migliaia di passeggeri a terra o costretti a cambiare i loro programmi, è l’ennesima certificazione di uno stallo dovuto alla costante mancanza di un piano strategico (anche solo di breve periodo) a due mesi dal rischio scampato per un pelo di lasciare gli aerei a terra, con relativi passeggeri, proprio alla vigilia di Natale.
C’è un manager australiano messo da un socio arabo che avrebbe dovuto pensare alle strategie, ma non l’ha fatto o l’ha fatto male e quindi alcuni consiglieri e azionisti hanno chiamato in soccorso un consulente. Se ho capito bene è a lui che toccherebbe costruire una strategia capace di convincere le banche (con Intesa e UniCredit che faticano a ragionare nella doppia veste di creditori e azionisti) a mettere altri soldi, con nuove linee o nuovo capitale. Ma visto che l’attuale capoazienda è considerato in uscita, toccherà a un nuovo manager attuare quel piano, e già qui è curioso immaginare chi possa decidere di venire a guidare una compagnia con un piano lacrime e sangue pensato in poche settimane da un consulente esterno.
Ancora una volta stanno venendo al pettine tutti i nodi, cioè tutte le scelte – industriali, finanziarie, sindacali, politiche – che negli ultimi 20 anni (forse di più) non si sono volute prendere perché Alitalia, con il suo fascino DolceVita e la marea di interessi che la circondano, è una creatura troppo delicata per essere oggetto di decisioni vere. Cioè dure.
Curioso che questo ennesimo bubbone stia scoppiando mentre in Italia c’è un governo di transizione, l’Europa ci ricorda che siamo troppo indebitati, alcuni taxisti prendono a botte alcuni autisti di Uber e – ho appreso oggi – nuovi ostacoli sembravano profilarsi sulla strada di Flixbus, che quest’etate mia moglie ha preso con grande soddisfazione visto che non c’erano treni a prezzi e orari decenti.
Senza rotta non si vola, quindi o si resta terra o si farà come Ryanair. Niente business class, divise bruttine, tutto si paga e un sacco di annunci anche nel cuore della notte. Prima o poi, mi sa, ci tocca.