Social eurobond revolution

I tempi sono grami, ma il 20 ottobre meriterebbe di diventare una data storica per l’Europa, con  i 235 miliardi di domanda raccolti oggi per i primi 20 miliardi del Sure social bond.

Liquido come non mai, il mercato ha così tanta fame che si divora quasi tutto di questi tempi. Ma ciò non toglie che mai prima d’ora in Europa si fosse registrata una domanda di 140 miliardi per i 10 del titolo decennale offerto da Bruxelles.

Dunque, fanno un certo effetto almeno due cose

  1. L’Europa si è rivelata capace, pur dopo un percorso tortuoso e mossa da una pandemia, di emettere titoli di debito comune. In cui tutti rischiano per tutti, anche i primi della classe per gli ultimi.
  2. Che l’abbia fatto sotto forma di social bond. Gli ultraortodossi della finanza d’impatto eccepiscono, giustamente, che l’etichetta è un po’ tirata per i capelli, ma ciò non toglie che il Sure sia destinato a finanziare la cassa integrazione, dunque ci si è rivolgerti al mercato per farsi pagare una spesa che più sociale non si può.

I risultati sono tali che autorizzano a sperarne altre due

  1. Che l’Europa continui a emettere titoli di debito comune anche finita l’emergenza
  2. Che questa operazione, come le altre che seguiranno, aiutino il mercato a familiarizzare una volta per tutte con i social bond, quelli veri. E che i tanti soggetti, pubblici o privati, che da tempo cercano la strada per approdare al mercato l’abbiano finalmente trovata.