Ci siamo. Con quasi 12mila miliardi di dollari messi sul tavolo dai governi per prestare le (prime) cure alla pandemia, quest’anno – ha annunciato oggi il Fondo monetario internazionale – il debito pubblico globale si avvicinerà per la prima volta al 100% del Pil. Tradotto: ci vorrebbe l’intera ricchezza prodotta in un anno da tutto il mondo per sanare i debiti contratti da stati, regioni, comuni nel corso degli anni.
Impossibile. Se non altro perché oltre al debito pubblico c’è anche quello privato, che è pure di più.
Dunque?
Molti stati dovranno imparare a fare di più spendendo di meno, suggerisce l’Fmi. Salvo poi aggiungere che con 80-90 milioni di persone in più che si troveranno in condizioni di povertà estrema è troppo presto per rimuovere gli interventi straordinari di supporto all’economia. Che costano cari, e – visto che le casse sono vuote – si fanno a debito.
Dunque serve un’alternativa. Quale?
Con volumi di debiti (e crediti) così elevati, l’intreccio tra debitori e creditori, pubblici e privati, è così ingarbugliato e soffocante che per alleggerire il quadro e dare slancio alla ripresa forse converrebbe tirarci una riga sopra e guardare oltre.
Per il bene di (quasi) tutti.
In attesa di poter tornare allo zero a zero, almeno vale la pena di rivedere le regole del gioco. Come auspicava proprio la numero uno dell’Fmi. Il dato di oggi le dà ragione: per rendere sostenibile un mondo con il debito pubblico pari al Pil serve davvero un’architettura tutta nuova.
Tutti i dati sul Fiscal monitor dell’Fmi.