Oggi la Popolare di Bari è divenuta società per azioni: nel piccolo mondo delle banche italiane è un fatto storico.
Dalla Vigilanza di Bce e Banca d’Italia fino ai commissari e ai vertici aziendali, complimenti a chi è riuscito a portare in porto un’operazione tentata da anni che è premessa fondamentale per avere un futuro. Certo il virus, bontà sua, ha dato una mano: l’assemblea si è dovuta tenere a porte chiuse, e la raccolta deleghe curata dagli specialisti di Morrow Sodali ha aiutato non poco a raccogliere le adesioni necessarie.
Ora, se l’Europa non porrà veti (come è probabile), grazie agli 1,4 miliardi messi dalle altre banche con l’ennesimo intervento del Fondo di tutela dei depositi e dal Mediocredito Centrale, prossimo socio di controllo, ci sono le condizioni per rimettere in moto la macchina e provare a lanciarla sulla strada che la può rendere quella Banca del Mezzogiorno sulla bocca di tutti necessaria anzitutto a coagulare altri istituti in difficoltà. E poi, se sarà capace, a rendersi motore di innovazione del Sud.
Oggi con il voto virtuale dei soci, fino a ieri ai margini di una banca comunque cooperativa per decenni nelle mani di chi l’aveva fondata, si volta pagina.
Ma il passato non si cancella, e non solo nelle aule dei tribunali dove si farà il processo a chi ha creato il buco miliardario. Negli archivi, e nel libro crediti, di Popolare Bari c’è forse traccia di quelle storie di potere che per la banca sono transitate negli anni, attirando periodicamente l’attenzione della politica: come quando, nel febbraio del 2017, fu oggetto di un battibecco nella direzione del Partito democratico. Ne facemmo cenno anche qui in Kordusio, e da allora quel post è stato tra i più letti.
Chissà chi avrà la meglio nella nuova Popolare Bari Spa, tra futuro e passato.