Per capire il reale apporto degli Stati Generali, aperti ieri da quell’Europa per alcuni salvifica e per altri aguzzina armata di Mes, servirà qualche giorno: ne parleremo la settimana prossima. Questa, invece, ci ha regalato il BTp Futura. Non mi è chiaro il femminile, ma nel nuovo titolo di Stato riservato ai risparmiatori italiani c’è un elemento chiaramente positivo perché istruttivo: il premio fedeltà riconosciuto a chi se lo terrà stretto sarà indicizzato al Pil. Più si cresce, più si guadagna. Dà l’idea che siamo tutti sulla stessa barca, e suona come un invito a sperare nel futuro più che cadere nella tentazione di rievocare il passato: come il 1993, l’anno in cui – per reddito pro capite, secondo le previsioni dell’Ocse di questa settimana – ci farà retrocedere la pandemia.
Nei prossimi giorni il Tesoro darà alcuni dettagli fondamentali per capire quanto e per chi sarà interessante la proposta d’investimento. Quel che è certo è che il sostegno delle formiche italiane non basterà a sostenere uno Stato a cui tutti bussano e che pare volersi cimentare in tante partite finanziarie. A parole più che nei fatti, visto che pragmatismo e decisionismo non abbondano. Tre esempi, che ci hanno accompagnato in settimana:
1. Le due fregate che Fincantieri dovrà realizzare per l’Egitto, con cui si è in affari nonostante la sciagurata vicenda Regeni. Sì, no, forse: l’impressione è che alla fine l’affare si farà, camuffandolo dietro a qualche tecnicalità da burocrati.
2. Il destino di Alitalia. Il governo vuole fare le cose in grande e ha stanziato 3 miliardi, cosa che avrebbe anche un senso per provare a rilanciare la compagnia per davvero con gli investimenti che servono e in questi ultimi anni non sono mai arrivati. Peccato però che l’Europa non sia del tutto d’accordo, non si sappia a chi farla gestire e, soprattutto, il piano strategico resti piuttosto vago. Il fatto è che 3 miliardi sono tanti soldi, anche annegati nelle spese pazze di questa stagione: mentre i ministri competenti, De Micheli e Patuanelli, continuano a dribblare l’audizione in Parlamento, si vola a vista chissà verso dove.
3. La concessione ad Autostrade/Atlantia. Più ci si avvicina al 30 giugno, termine entro il quale il Governo deve decidere se revocarla o meno, e più è evidente che la revoca non si può fare: meglio rivedere la proprietà di Autostrade, favorendo l’ingresso di una cordata di investitori italiani che peraltro come abbiamo scritto su Il Sole pare già pronta. Ma chi avrà il coraggio di metterci la firma? Oltre al 30 giugno si avvicina anche il 14 agosto, anniversario della tragedia del Ponte Morandi, a cui seguì il funerale-passerella del giovane governo gialloverde.
Per lo più privata, nonostante la valenza politica e forse le voglie di qualche regolatore, rimane invece la partita Intesa-Ubi. E’ iniziata quattro mesi fa, rischiava di proseguire fino a fine anno: in settimana, invece, proprio noi sul Sole abbiamo raccontato che Consob vuole fare presto e Intesa pure. Dunque l’offerta potrebbe partire a luglio. Deo gratias: dopo tante parole, parola al mercato.
Per un dossier che accelera, un altro che si complica: è la fusione Fiat-Peugeot, che avrà bisogno di un’indagine approfondita dell’Antitrust europeo. L’Authority ha messo nel mirino la posizione ultra-dominante che il nuovo gruppo avrà nei veicoli commerciali. Può essere, per carità. Due considerazioni, però: difficile costruire campioni europei se quando si presentano le occasioni – vedi sopra – a decidere sono i tecnocrati e non la politica (qualunque sia il verdetto). Con questo tempo, meglio metterla al sicuro in fretta.