Ora che il petrolio vale poco più di zero e la Bce apre le porte alla spazzatura, la buona notte di Fitch che ieri ha declassato l’Italia non sposta granché. Ma ci ricorda il sentiero sempre più ripido su cui ci stiamo inerpicando.
Peraltro Senza apparenti vie d’uscita.
A pochi giorni dalla Fase 2 che tanto somiglia alla Fase 1 è ancora più evidente che la convalescenza sarà lunga, pesante e costosa. Fitch, ancora lei, ritiene che il 2020 finirà (se va bene) con il Pil a -8% e un debito al 156%. Ma le cose non posso che andare peggio: finché è tutto fermo, o quasi, i numeri vanno indietro.
Non a caso ogni giorno che passa si invocano cure più pesanti. Soldi. A chi ha il negozio chiuso, a chi è in cassa integrazione, a chi non riesce ad arrivare alla fine del mese. Il Governo di cose ne ha fatte, ma è evidente che non bastano. E così non basterà l’atto d’amore chiesto dal premier Conte (altra frase poco fortunata, dopo il lancinante chi ama l’Italia resta a distanza) alle banche per prestare più soldi alle imprese.
Prestare non basta, è ora di finanziare a fondo perduto. Cioè di regalare. Sommessamente ne abbiamo parlato qui qualche giorno fa. In questi ultimi giorni il coro si è levato di giorno in giorno più potente: politici, imprenditori, esperti. Ieri si è messo di mezzo pure il Giappone, che ha annunciato una manovra per noi umiliante: il Paese più indebitato, più inondato di liquidità verserà nelle tasche di tutti i residenti (stranieri inclusi!) 860 euro.
Tra le tante voci a chiedere l’intervento di quanto più somiglia a un elicottero spargi-denaro (è l’helicopter money, ultimo stadio della politica monetaria espansiva) è arrivata anche quella di Banca d’Italia, che in questi mesi – forte dei numeri e di un profilo basso – è rimasta una delle più lucide e pacate. Lunedì mattina Fabrizio Balassone, capo del Servizio Struttura economica della Banca d’Italia in audizione alla Camera dei deputati – dopo aver elencato le tante misure messe in campo con i tantissimi rischi per i conti dello Stato – ha poi detto chiaramente che per rendere più efficace l’intervento vanno previsti trasferimenti diretti dallo Stato alle imprese.
Il funzionario ha anche specificato che la scelta su come e se allocare tante o poche risorse è “una questione eminentemente politica“. Non è un dettaglio: è il nocciolo della questione. Che non è roba da ragionieri o tecnocrati: è una scelta.
Dalle mascherine, le seconde case e la fine del lockdown dipenderà il nostro immediato futuro e quello politico di Giuseppe Conte che ci ha messo nel bene e nel male la faccia, e non solo. Ma dagli interventi economici che a raffica, e con una potenza di fuoco mai vista prima, si stanno mettendo in campo dipenderà il futuro delle nostre tasche.
Perché? Perché, ad esempio, con un debito al 153% “l’Italia non potrebbe sopravvivere a uno shock dei tassi di interesse“, ha detto lunedì Frank Gill, di Standard & Poor’s.
Meglio non pensarci, per ora. La salita è ripida, c’è da mettercela tutta e accettare pure qualche aiuto da chi ci cammina vicino, che sia il Mes o qualcos’altro. Ma facciamo attenzione a dove mettiamo i piedi. E, ancora, non sottovalutiamo la discesa, che di solito è il tratto più pericoloso.
(Nella foto, ferrata degli Alpini di Punta Charrà, alta Valle di Susa)