A scuola la colpa è sempre più spesso dei professori, pare. Quindi ci sta che se l’Italia non cresce la responsabilità sia di chi dà i numeri, prima la Banca d’Italia e poi il Fondo monetario internazionale.
A onor del vero, Christine Lagarde ha lo sguardo di ghiaccio di una terribile professoressa di materie scientifiche: matematica, fisica, o giù di lì. Facile, quindi, prendersela con lei e l’istituzione che dirige – come ha fatto ieri il vice premier Matteo Salvini – se dalla sua borsa elegante è uscita una previsione di appena +0,6% per il Pil italiano nel 2019 (lo 0,4% in meno della pagella di ottobre), scenario che complicherebbe non poco la salute dei conti pubblici e la tenuta della manovra. Ignazio Visco, governatore di Banca d’Italia, ha più l’aspetto di un colto e pacato professore di materie classiche, ma l’altro vice premier, Luigi Di Maio, venerdì non gli aveva risparmiato accuse quando Via Nazionale ha sfoderato, anch’essa, una sforbiciata fino a +0,6% delle attese sull’italica crescita.
Ci sta, è il gioco delle parti. E sparare sulla Lagarde all’inizio della settimana di Davos, passerella di potenti che annualmente catalizza le antipatie antisistemiche, è una tentazione assai dura da vincere. Ma a forza di inveire contro i professori, e non è un caso neanche questo, si finisce per dimenticarsi di leggere cosa c’è scritto sulla pagella. Ad esempio, che – come ha riportato ieri l’Fmi – la debolezza dello studente Italia, col suo fisco allegro, non è sull’oggi ma sul domani (quando i tassi si potrebbero alzare) e che la Germania, la prima della classe, si è vista rifilare voti anche peggiori (il taglio delle previsioni è stato di 0,6 punti). Della serie: tutta la classe ha problemi.
Non solo. Nel grande casino dei corridoi, dove ieri qualcuno ha pure trovato il modo di rinverdire becere assurdità antisemite, si finisce pure per dimenticare che siamo solo a gennaio. L’anno scolastico è appena iniziato. E partire con un (zero virgola) sei non è il massimo, visto che le programmate e i compiti in classe non sono neanche iniziati.
(nella foto, l’Aula antica del Museo della Scuola “Paolo e Ornella Ricca” a Macerata)