A Washington, dov’era in corso il consueto meeting del Fondo monetario internazionale, s’è parlato più del solito di Italia, di banche e in particolare di crediti deteriorati. La Bce, con la stretta annunciata la settimana scorsa, ha riportato d’attualità la necessità di velocizzare lo smaltimento di un fardello che in Europa ammonta a mille miliardi, di cui oltre un quarto è in Italia. Che è destinata a subire le conseguenze di un approccio assai brutale come quello paventato dalla Bce: sul fatto che sia una priorità per uno sviluppo più sostenibile in Europa sono tutti d’accordo, è incoraggiante però notare che sul come si sia iniziato a discutere. Il mercato, comunque, è in agguato, come dimostrano le scommesse al ribasso del fondo hedge Bridgewater.
Le due partite, ultraparallele, di Telecom e Mediaset (con Vivendi che fa a botte con il Governo da un lato e con Fininvest dall’altro), si avviano a conclusione. Piuttosto pacifica, dopo tanto casino: il Governo si prepara a predisporre il Golden power – cioè la possibilità di imporre la sua volontà in caso di asset di interesse nazionale – su Tim chiedendo la salvaguardia della rete e di Sparkle, un esito che i francesi di Vivendi si aspettavano probabilmente fin dall’inizio. Francesi i quali si preparano a chiudere anche la controversia con Mediaset nata su Premium: in ballo c’è l’interesse, condiviso, di creare un maxi gruppo europeo capace di rivaleggiare con Netflix e altri sui contenuti.
Altre due sorti parallele: Alitalia e Ilva. Partiamo da Ilva, dove in settimana il ministro Calenda (lo stesso del Golden power, sempre più protagonista delle grandi partite industriali e finanziarie del paese) si è rifiutato di incontrare i neo proprietari di Arcelor Mittal perché ha giudicato irricevibile la proposta di mantenere solo 10mila dei 14mila addetti attuali; la mossa è politica (le elezioni si avvicinano e fare la voce grossa aiuta), ma il problema è reale. Tuttavia: davvero potevamo illuderci che i neo proprietari di Ilva non avessero in tasca una cura lacrime e sangue?
E qui siamo ad Alitalia, altra azienda che cerca un futuro migliore con una vendita all’asta. In Finanziaria il Governo ha messo in conto altri 300 milioni di prestito ponte (che si aggiungono ai 600 già erogati) per dare più tempo e serenità alla gestione commissariale, che procederà almeno per un altro anno, in modo da poter scegliere il miglior acquirente senza fretta. Sulla carta restano easyJet e Lufthansa, ma il timore di spezzatino cresce: si scoprirà domani, quando in serata si aprono le buste. Ma intanto lo Stato è creditore di 900 milioni: torneranno? Complice la buona estate, pare che i 600 milioni erogati in primavera siano ancora tutti in cassa, ma allora… perché ne sono serviti altri 300? Certo, pensare che tra le prime cose che toccheranno alla “nuova” Alitalia sarà rimborsare un miliardo (900 milioni più interessi) allo Stato, cioè ai contribuenti, ognuno compreso me “esposto” per circa 15 euro…. sperèm.
Last but not least, altra cosetta bancaria. Sabato pomeriggio, cioè ieri, si è scoperto che una banca solida ma schiscissima come la Popolare di Sondrio (ancora popolare nonostante tutto e tutti) ha deciso di comprarsi la Cassa di risparmio di Cento, piccola ma bellina. Segno che le fusioni si possono fare anche per scelta e non solo per necessità (cioè salvataggi): è una notizia. Non l’ultima, magari.