“Tutte le azioni dovranno andare in buca”, ha detto stamattina il ceo di Carige Paolo Fiorentino presentando il piano di rilancio della banca in Borsa. Che ha, giustamente, obiettivi ambiziosi: ritorno all’utile già nel 2018, riduzione dei costi del 23% e un Npe ratio (cioè la quota di crediti deteriorati sul totale degli impieghi) all’8,1% nel 2020, un valore “da champions league”, come ha detto il manager arrivato a Genova all’inizio dell’estate.
Ma il “Transformation program” (nome che riecheggia il Transform2019 costruito da Jean Pierre Mustier per UniCredit) non potrà partire senza il miliardo di rafforzamento patrimoniale che la banca punta a realizzare entro inizio 2018. Circa 200 milioni, ha ricordato Fiorentino, arriveranno dalle cessioni: Creditis, gli immobili, la piattaforma di gestione degli Npl, tutti asset “per cui c’è moltissimo interesse sul mercato”. Altri 560 arriveranno dall’aumento vero e proprio previsto a novembre: 500 con diritto d’opzione, così come richiesto dall’azionista di maggioranza Malacalza (anche se ci vorrà l’ok dell’assemblea del 28 settembre), più altri 60 riservati – forse – ai bondholder che parteciperanno al Liability management exercise.
Dietro alla definizione tecnica, si nasconde un passaggio fondamentale per il piano di Carige. Fondamentale perché sarà il primo in ordine di tempo (previsto a ottobre) e tutt’altro che una passeggiata: per recuperare circa 200 milioni di capitale, la banca offrirà bond senior ai possessori di bond subordinati, per un valore nominale inferiore (e qui sta il vantaggio in termini di capitale). L’offerta, come preannunciato già a inizio agosto, sarà rivolta solo agli istituzionali (e non ai risparmiatori), che oggi hanno in mano circa 500 milioni di euro (nominali) di titoli: a loro verrà proposto di scambiare quei titoli con obbligazioni senior, quindi di qualità migliore, per un valore minore; per convincerli, la banca offrirà in aggiunta anche una quota di azioni, quei 60 milioni di cui si parlava prima. Ma il punto è un altro: come risponderanno i fondi? Come risponderà Generali, che da sola ha 80 milioni di subordinati? La variabile sarà determinante per il buon esito dell’intera operazione, se è vero – come ha detto Fiorentino – nessuna delle tre azioni (cessioni, aumento, lme), “potrà essere mancata”.
La scelta a cui saranno chiamati gli obbligazionisti, però, non sarà facile: rinunciare a una parte dell’investimento sui bond per salvare la banca, oppure difenderlo nella speranza che sia salvata da qualcun altro.