Troppo bello per essere vero. La ripresa, cercata per anni tra i numeri e le espressioni gravi di economisti e imprenditori in transito a Villa d’Este per il workshop Ambrosetti, si è definitivamente materializzata proprio quando l’Europa e il mondo sembrano accartocciarsi tra missili nordcoreani, rigurgiti protezionisti, attacchi cyberterroristici e flussi migratori sempre meno controllabili. Di tutto questo si è parlato ieri e si parlerà fino a domani a Cernobbio, dove per tradizione si cerca di mettere in fila tutto ciò che va tenuto sott’occhio nell’autunno alle porte. Ma la sensazione dominante è un’altra: nonostante tutto, la ripresa non è fragile. In Europa, e pure in Italia. Che si è rimessa in piedi. E, pur al suo passo, cammina.
Strano, ma vero. Due anni fa, sotto un sole estivo e con le riforme del Governo Renzi in rampa di lancio, in uno slancio d’ottimismo qualcuno osò sentenziare: “Potremmo anche chiudere il 2015 con un Pil finalmente in crescita dell’1%”. Macché, il purgatorio non era ancora finito. Quest’anno a Cernobbio piove, da tempo si fanno i conti di fine legislatura e a Palazzo Chigi c’è Paolo Gentiloni (oggi all’Ambrosetti), ma i numeri dicono che si può addirittura puntare all’1,5%. E neanche il super-euro sembra far paura, così come la temuta stretta monetaria di Mario Draghi (ieri ovviamente promosso con lode dalla platea), che prima o poi arriverà. In realtà più poi che prima, come ha fatto intendere il suo vice Vitor Constancio.
E così, dopo anni ad aver concentrato l’attenzione sui grandi temi macro-economici, quest’anno all’Ambrosetti c’è più spazio per singole questioni. Una su tutte: l’eterno derby Italia-Francia, con le recenti scintille su Fincantieri, Tim-Vivendi e – su tutt’altro piano – le posizioni in fatto di migranti che sembrano aver risvegliato ataviche frizioni. “Eccesso di prossimiità”, dice Enrico Letta, che conosce bene gli uni e gli altri, “troppo simili in troppe cose”. Oggi in riva al lago di Como c’è il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire (ieri arrivato senza seguito e poi subito sparito tra i corridoi di Villa d’Este), di Fincantieri e della necessità di superare i vecchi schemi parlerà con Emma Marcegaglia, presidente degli imprenditori europei. Ma ieri faceva un certo effetto sentire i due francesi d’Italia, Jean Pierre Mustier e Philippe Donnet, ceo di UniCredit e Generali, ripetere – separatamente – le stesse parole: “La Francia ha solo da imparare dall’Italia, a partire dalle riforme”.
La cronaca di ieri parla di un Davide Serra rientrato prima del previsto dal suo giro intorno al mondo, del vice presidente di Tim Giuseppe Recchi pronto a rassicurare dei buoni rapporti con il governo, del presidente di Intesa Gian Maria Gros-Pietro che ricorda come il settore bancario – risolti i casi di Mps e delle venete – sia ormai in sicurezza, di un ministro Alfano super corteggiato dalla stampa in attesa dell’incontro con la delegazione russa, di un’ormai prossima invasione di alcune centinaia piccoli alci di peluche (la mascotte di UniCredit), attese per oggi dentro e fuori dalla sala.
Che davvero ci sia lo spazio per un ciclo – duraturo – di ripresa? “Può essere”, osserva un economista di casa a Cernobbio. Ma non è detto: “Qui all’Ambrosetti siamo sempre in bilico tra la speranza di prevedere il futuro e il timore di essere fermi al passato. Le realtà è sempre un po’ più complessa e brutale di come la possiamo comprendere”. La conferma nel titolone di apertura del quotidiano di Como esposto nell’edicola a pochi passi dal cancello di Villa d’Este: “Il sindaco: troppi migranti in città”.