Non ci resta che rimetterci a camminare

Visto nel suo insieme, è tutto piuttosto complicato. Io, tu, noi, voi, loro. Dove si va? Boh. Sempre più difficile fare ordine, mettere in fila le cose.

Forse può essere d’aiuto una buona metafora.

Ne ho avuto conferma stamattina, in una saletta defilata ma bella e gremita al Palazzo Accursio di Bologna, dove nell’ambito del Festival Francescano alcuni amici mi hanno inaspettatamente invitato a presentare due libri delle Edizioni Terra Santa: L’arte di camminare di Roberta Russo e il Sentiero del Discepolo di Silvano Mezzenzana.

Due libri da leggere insieme, perché offrono la teoria e la pratica del camminare. Che è un’ottima metafora della vita e di chi prova a cavarsela tra la fatica di una salita e la sorpresa di un panorama mozzafiato, come scrive Roberta, che di mestiere fa l’editor ma cova un dna da trainer. A maggior ragione, suggerisce Silvano, se ci si trova a camminare in un luogo così denso di spiritualità (per tutti) come è la Terra Santa, dove ci è stato un centinaio di volte in meno di 40 anni.

Si doveva parlare dei due libri, ma alla fine si è parlato di noi. Di quanto sia dura, oggi, alleggerire il nostro passo e i nostri zaini, ma anche di quanto sia necessario, per sfuggire finché siamo in tempo a quest’ansia di accumulo che presto ci seppellirà. Roberta ha sottolineato che solo chi ascolta vive appieno, Silvano ha ricordato che se c’è qualcuno (meglio ancora Qualcuno) da seguire e si punta dritti a una meta è più facile provare a dare un senso. Si è parlato di fatica e di rischi, da cogliere e da evitare, di quel rigore necessario e del tempo che anche stamattina si è rivelato un po’ tiranno. Ma qui il segreto, dice Roberta, è ottimizzarlo senza ansia.

A me che mi piace correre, e il camminare – lo ammetto – un po’ lo snobbavo, è toccato ricredermi. Sembra un gesto naturale, forse lo era ma oggi lo è ben poco. Camminare con naturalezza forse è davvero un’arte. Che come ogni arte può rivelarsi illuminante.