L’insostenibile pesantezza di Ryanair (e l’insostenibile leggerezza di tante altre cose)

Contatti, commenti e articoli letti in giro mi spingono a tornare sul tema sollevato martedì. Che, evidentemente, ci sta a cuore. Perché siamo stati tutti passeggeri Ryanair e ci piace pensare di poterlo essere ancora, ma intanto cogliamo che c’è qualcosa in più.

Proprio mentre pubblicavo il mio post, il mio bravo collega Fabio Pavesi ha scritto un’analisi sul caso Ryanair da cui emerge il precario equilibrio che ha retto i bilanci trionfali degli ultimi anni: un costo legato al lavoro di appena 5 euro per passeggero (due alla cloche, tre in cabina… fa un euro a testa?), molto inferiore a quello dei competitor low cost tipo Norwegian e easyJet.

Eccola qui l‘insostenibile pesantezza. Tra le tante leggi che regolano il mondo ci sono quelle della fisica: quando si carica un peso eccessivo su un corpo, prima o poi cede.

Ma andiamo oltre.

Non entro nel dettaglio di aspetti tecnici toccati dai commenti al post precedente, ma dietro alla vicenda ci sono questioni etiche peraltro sollevate da un altro interessante intervento di un ex pilota Ryanair pubblicato ieri . Non sono totalmente d’accordo con la ricostruzione apocalittica: mi sembra, appunto, un po’ oltre. Però c’è una suggestione che condivido: siamo tutti interpellati come consumatori (a che prezzo compriamo che cosa?) ma anche come venditori-prestatori (che cosa offriamo per quanto?).

Forse Ryanair ci tocca perché ci sussurra che siamo presi in mezzo a una sorta di corsa al ribasso di cui fino a ieri pensavamo di prenderci solo i vantaggi. E invece ora ci siamo accorti che ne subiamo anche i danni. E sono ben superiori ai voli cancellati in questi giorni: avanti di questo passo rischiamo di trovarci come un pilota o un’hostess giallo-blu, costretti a fare per due lire un mestiere che si è sempre fatto per dieci.

Lo pensavo giusto mercoledì, mentre mi sono fatto una corsetta in pausa pranzo, sorvolato forse minacciosamente da quattro aerei Ryanair: a determinare la sostenibilità complessiva è anche il valore delle cose che offriamo. Il lavoro, il tempo, la fiducia… e pure – posso? – il voto: è tutto in svendita? A volte, sì.

Per carità, non generalizziamo né  banalizziamo.

Ma talvolta, accanto a segnali di insostenibile pesantezza mi pare di veder traccia di insostenibile leggerezza. Forse sono le due facce di una stessa medaglia. Mi perdonino i fisici, ma se non si applica la dovuta forza su ciò che ci sovrasta prima o poi finiremo travolti?