La gamba tesa del governo su Telecom, Autostrade, Borsa, eccetera eccetera. Il primo verdetto per la Juve di Pirlo

C’è la trattativa a oltranza con Atlantia su Autostrade. C’è la voglia di sparare il Golden power su Borsa Italiana e la tentazione di farlo addirittura su Mediobanca contro Del Vecchio. E poi, soprattutto, c’è la lettera recapitata al cda di Telecom Italia mentre era in corso la discussione sulla newco con gli americani di Kkr per la rete secondaria. Agosto porterà consiglio, pensano i ministri Gualtieri e Patuanelli, che pertanto hanno chiesto al gruppo (privato) di aspettare fino al 31 per chiudere con gli americani nella speranza di trovare intanto una quadra sull’altra grande partita sulla rete (in fibra), quella che vede coinvolta Open Fiber e una recalcitrante Enel.

La settimana ci ha confermato le tante velleità finanziarie del Governo. Invadente e fastidioso? Qualcuno lo pensa, in pochi lo dicono. Ma il punto è un altro, e parte dal fatto che in questa nuova fase di statalismo di ritorno post-pandemico tutti i Governi avranno tantissimi soldi da dover mettere sui tanti tavoli privati che ne avranno disperato bisogno. Ci piaccia o no, vale anche per l’Italia dove Palazzo Chigi o chi per lui (tipo Cdp, Sace o altri) dovrà giocare da protagonista in partite industriali e finanziarie. Negli ultimi anni c’è stata Ilva, Alitalia, le grandi partecipate del Tesoro. In futuro il catalogo dei dossier che finiranno sui tavoli dei ministri si allungherà a dismisura, e l’ansia da regolazione mostrata negli ultimi mesi dimostra che l’hanno capito in molti.

Lo Stato dovrà giocare, amen. Piuttosto, conta allora come se la giocherà. E quindi più che invadente e fastidioso il rischio vero è che si mantenga inconcludente, come la palla lunga che si vede su molti fronti lascia temere. La politica può vivere e spesso vive  di provvisorietà, equilibrismi e in generale di espedienti. All’economia, all’industria servono pragmatismo, decisioni e le spalle abbastanza larghe per fare quel che si vuole. La palla lunga non funziona quando c’è il mercato di mezzo, che consiste in interessi enormi e spesso fuori dal nostro controllo (come dimostra ancora il caso Autostrade di cui ha chiesto notizie pure la Merkel visto il coinvolgimento dei tedeschi di Allianz).

In economia il prezzo dell’inconcludenza è la distruzione di valore, che un paese come l’Italia alla disperata ricerca di crescita non può permettersi, per di più a spese dei cittadini visto che i soldi dello Stato sono i debiti contratti a nome degli italiani. Le partite di cui sopra sono complesse, è innegabile, ma una manciata di buone idee e un po’ di concordia in più sono il semplice viatico per partire con il piede giusto.

L’ottimismo delle banche

In attesa che agosto porti consiglio, la settimana ci ha offerto qualche altro spunto sfizioso. Partiamo dai conti semestrali delle banche: come previsto molto buoni, con il ceo di Intesa Carlo Messina che non nasconde l’ambizione di versare un doppio dividendo l’anno prossimo (quello sul 2019 bloccato da Bce e quello 2020 nel frattempo maturato) e pure il cautissimo collega di UniCredit Jean Pierre Mustier annunciare “soddisfazioni extra” per i suoi soci. Qui non basterà un mese per sciogliere l’arcano, ma certo si guarda a un domani su cui non v’è certezza: quale sarà l’effetto della pandemia sulla qualità del credito in pancia alle banche? Basterà il trading a sopperire al margine d’interesse e alle commissioni? Cosa faranno i regolatori? Non sono incognite da poco.

I due fronti di Mps

Tra le banche, ce n’è una che resta più esposta delle altre a tutte le intemperie non solo dei mercati ma anche della politica e delle tante authority che governano il settore: Mps. In settimana sono arrivati due segnali che meritano di essere colti e monitorati: il primo riguarda il capitale, cioè il fabbisogno aggiuntivo che la banca dovrà soddisfare per consentire l’uscita di oltre 7 miliardi di Npl ad Amco. Ebbene, come scritto da Luca Davi sul Sole, pare che la banca anziché con un aumento da un miliardo possa cavarsela con l’emissione di un subordinato da 2-300 milioni. Così fosse, vuol dire che davvero la Bce in questi anni è scesa a più miti consigli, o che l’Italia è riuscita nel frattempo a prendere la misure.

Altra questione emersa dalla semestrale, è la richiesta danni da 3,8 miliardi mossa da Fondazione alla banca per gli effetti subiti dal Monte e cascata dal suo ex primo azionista per l’operazione Antonveneta (!). Come un vulcano, è il ritorno della politica dopo anni di quiescenza visto che dietro c’è la voglia di battere un colpo di un sindaco leghista ora che a Rocca Salimbeni è cambiata gestione ed è arrivato un ad che pare caro ai Cinquestelle. Giustappunto qui si scherza col fuoco: vediamo chi si farà male stavolta.

Il nuovo mestiere di Exor

Un’altra notizia curiosa ha riguardato Exor, la holding di casa Agnelli. Pochi mesi fa è saltato l’accordo con i francesi di Covea per la cessione di PartnerRe, il grande riassicuratore americano: visto il Covid i francesi avevano chiesto lo sconto, non è stato concesso e non se n’è fatto più nulla con notevole scorno generale visto che l’affare si dava per fatto. Anziché andare per carte bollate, i due hanno deciso di chiudere la vicenda con l’impegno di Covea a investire 1,5 miliardi: la metà in PartnerRe e la seconda in Exor. A parte l’insolito copione di una mutua che consegna una grossa cifra a una holding (come se Iccrea si affidasse a Warren Buffett o Vincent Bolloré, per dire), l’operazione rischia di aprire una nuova epoca per la holding di John Elkann che negli anni ha comunque dimostrato di voler e saper investire anche lontano dall’auto e dintorni.

La prima partita di Pirlo

A proposito di dintorni, quasi da menagrami qui settimana scorsa si è parlato della Juve di Pirlo. Tocca già a lui, come nel peggiore dei copioni possibili visto l’epilogo di venerdì sera. Quella di domani è una giornata in cui merita di seguire il titolo Juventus in Borsa: prevarranno le vendite sull’uscita dalla Champions o gli acquisti sulla nuova stagione targata Pirlo? Algoritmi e fondi non decidono con il cuore, sarà curioso vedere il primo verdetto.

Domenica scorsa in Kordusio si era detto di dare un occhio ai conti di Ferrari, che resta un benchmarck di tutto ciò di buono che può essere l’Italia: il Cavallino ha chiuso il primo semestre con consegne dimezzate ma ha ritoccato di poco gli obiettivi per fine anno, in sostanza facendo capire che c’è margine per recuperare quasi tutto il terreno perduto. La Borsa ci ha creduto: non è poco.

 

(Nella foto, l’inizio della fine di Juve-Lione)