C’è Favignana che vota Lega ma alla fine resta senza tonni. C’è Gabicce Mare senza stagionali perché è meglio starsene a casa con il reddito di cittadinanza. C’è Alitalia senza un padrone a poche settimane dall’estate. Spiace, spiace davvero dirlo. Ma la realtà sta presentando il conto.
In questo anno gialloverde di legittime ma acrobatiche illusioni, la gravitas che ha contraddistinto gli innumerevoli appelli al buonsenso, anzitutto dei conti, ha generato per lo più l’effetto di un disco rotto, come hanno dimostrato due settimane fa le elezioni europee. Ma l’amara realtà dei fatti sta emergendo giorno dopo giorno, e non solo nella crescita semi zero certificata da Banca d’Italia venerdì o nello spread che resta troppo alto. Sta emergendo nelle piccole cose, nella vita quotidiana, nelle cronache locali.
Tre fatti mi hanno colpito, lontani per geografia ma quanto mai affini e prossimi.
Il primo mi porta in un luogo caro di una vacanza bellissima di qualche anno fa, Favignana. Dove un’azienda trapanese ha investito quasi un milione per rimettere in funzione la mitica tonnara dei Fiorio confidando nelle quote più generose di pesca promesse dai governanti leghisti, che non a caso hanno prevalso in questa punta di Italia che sta a latitudini africane. Per remunerare l’investimento, e assumere qualche decina di persone, servivano almeno 70-100 tonnellate di pescato per quest’anno, invece il sottosegretario leghista Franco Manzato ne ha concesse appena 14. Apriti cielo. Ma i tonni non sono infiniti e tanto meno le quote, si è difeso lui con la scelta di concederne ben di più ai concorrenti sardi. Poco ne so di tutta la vicenda e del tonno in generale, ma una cosa mi è chiara: questi poveri tonni, rimasti in pochi, non potranno sfamare gli elettori di tutto il meridione.
E’ sempre di questi giorni un’altra vicenda curiosa, sempre marina ma questa volta marchigiana. Siamo a Gabicce Mare, due passi e un caronte dalla Romagna e teatro di una delle corse più dure che ricordi, due anni fa con gli amici di Correre Naturale. Bene: il sindaco segnala che negli alberghi della località marina c’è penuria di stagionali, che preferiscono starsene a casa e percepire il reddito di cittadinanza piuttosto che andarsi a spaccare le ossa a luglio e agosto a Gabicce. Ci mancherebbe, penso. Però il reddito di cittadinanza lo paga lo Stato, penso poi dopo. Che così ha un’uscita certa in più e un’entrata probabile in meno, cioè le tasse su uno stipendio – pur basso – che magari non sarà corrisposto. E lo Stato sono io, siamo noi. E quindi chi paga e non incassa? Io, noi, voi, tutti.
Infine, Alitalia. Forse è un’ossessione, ma da decenni è la metafora – con il suo fascino e la sua insostenibilità economica – del Paese e non posso fare a meno di pensarci: Gianni Dragoni, sul Sole di ieri, ha scritto che la cordata dei salvatori è ancora di là da venire. E così probabilmente si prorogherà, per la quarta volta, il termine per la gara. Con buona pace del ministro Di Maio e non solo che nei mesi scorsi l’aveva data per fatta. La verità è che il malato è curabile, ma la terapia è dura e nessuno vuole vederlo soffrire ancora. E quindi meglio lasciarlo in pronto soccorso su una barella per un’altra notte, poi si vedrà.
Ci siamo. Negli ultimi giorni, insieme alla gravità della lettera Ue che ci minaccia una multa e alle parole del premier Conte che chiede ai suoi due partiti di riferimento di mettersi d’accordo, c’è un progressivo emergere di conti spicci che non tornano.
Spiace, spiace veramente dirlo perché in fondo l’illusione di potercela cavare ce l’abbiamo avuta tutti. Ma la realtà sta presentando il conto, e probabilmente era davvero tutto troppo bello per essere vero.
Ma ci penseremo domani, che è sabato.
O lunedì?
Va bè, ci penseremo prima o poi.