In un Paese normale quando c’è un problema di norma si interviene. Il Governo propone, il Parlamento discute, la maggioranza argomenta e l’opposizione critica. Ma alla fine, di norma, si interviene. Per una volta è accaduto anche in Italia: a dicembre, quando si è capito che il Monte non sarebbe stato in grado di trovare sul mercato i 5 miliardi di cui aveva bisogno e il bail-in è diventato un rischio molto concreto, il Governo ha approvato un decreto sugli aiuti di Stato che nel frattempo era stato proficuamente negoziato con la Commissione europea. E ieri il Parlamento l’ha trasformato in legge.
Per il premier Gentiloni si è trattato di un “un passo avanti per garantire più sicurezza economica a famiglie e imprese”. Le opposizioni hanno polemizzato con argomenti plausibili: un decreto “iniquo, confuso e inapplicabile” che “butta i soldi degli italiani” secondo Forza Italia, mentre la Lega parla di testo “estemporaneo” e che non risponde ad alcuna “strategia economica”. Ma alla fine il Parlamento ha approvato entro i 60 giorni necessari per la conversione in legge, consentendo nei fatti al Monte dei Paschi, a Popolare di Vicenza e Veneto Banca di poter contare sul paracadute pubblico e al resto del settore di operare in maggior sicurezza. A Partire da UniCredit, che intanto ha potuto avviare il suo aumento da 13 miliardi di euro.
Il decreto poteva essere migliore? Probabilmente sì. I 20 miliardi che lo Stato si è impegnato a mettere – all’occorrenza – nelle banche da salvare torneranno indietro? Probabilmente no. Ma l’alternativa era il bail-in, cioè il fallimento pilotato della terza banca italiana (Mps) e via via delle altre banche sull’orlo di una crisi: un rischio troppo elevato per poter essere corso, dunque ben venga il paracadute.
Certo, fosse arrivato prima ci si sarebbe risparmiati tutti un po’ di ansia. E i salvataggi, probabilmente, sarebbero costati di meno. Ma per avere il decreto, il dibattito in parlamento e la conversione in legge si è dovuto aspettare un governo “tecnico”. Finché ce n’è stato uno politico, il decreto non è arrivato. Colpa di Renzi? Può essere. Ma non è detto che altri avrebbero saputo o sarebbero riusciti a mettere le mani in una materia così politicamente delicata come le banche, pur vedendone la necessità e sapendo come farlo.