Alzi la mano chi si comprerebbe una casa mentre ci sono i muratori dentro. Meglio aspettare che i lavori siano finiti, vedere il risultato e poi decidere se acquistare o meno. L’esempio aiuta a capire perché in questi giorni UniCredit stia riuscendo a raccogliere sul mercato i 13 miliardi che servono, mentre il Monte dei Paschi pochi mesi fa non ce l’abbia fatta a portarne a casa 5. E ora a Siena non resti che finire nelle mani dello Stato.
Ieri entrambe le banche hanno presentato i conti del 2016: UniCredit ha chiuso con una perdita di 11,8 miliardi dopo rettifiche sui crediti per 8 miliardi, Mps con un rosso di 3,38 miliardi dopo rettifiche per 4,5 miliardi.
Evidenti le analogie, anche se c’è una differenza non irrilevante: le grandi pulizie sui non performing loans – uno degli elementi che stanno più a cuore al mercato – hanno preceduto l’aumento (in corso) in UniCredit, quelle di Mps di fatto si sono mosse in parallelo. Gli investitori oggi comprano azioni UniCredit sapendo che avranno una banca rinnovata, con le sofferenze svalutate a valori di mercato, mentre a fine 2016 avrebbero dovuto comprare Mps mentre i lavori erano in corso. E infatti si sono tirati indietro.
C’è un altro fatto, però, di cui tener conto: Mps ha agito su input della Vigilanza della Bce, mentre UniCredit ha fatto tutto in autonomia: il nuovo ceo Mustier ha potuto decidere tempi e modalità dell’operazione. Sta di fatto che la prima sta per finire nelle mani dello Stato, la seconda procede piuttosto serena su un aumento garantito dalle banche d’affari, che quindi sicuramente andrà in porto.
È la storia della casa: prima di acquistarla, meglio vedere se i lavori sono venuti bene. E se in vendita c’è un appartamento con gli operai dentro, magari impegnati a rifare il tetto su ordine dei vigili del fuoco, meglio valutare con attenzione.