PopVicenza, Veneto Banca, Bankitalia, Alitalia, Trani e Cdp: questa settimana forse ho capito che/7

A giorni, forse a ore, si scoprirà se Bce e Commissione europea sono favorevoli al salvataggio pubblico di Popolare Vicenza e Veneto Banca: come ha ricordato la prima in un comunicato cupissimo diffuso martedì con i dati del bilancio 2016 (chiuso con 1,9 miliardi di perdite), il processo è “dall’esito incerto”, nonostante circa il 70% dei vecchi soci abbia aderito all’offerta di transazione, che ne era premessa necessaria. In pratica, non è certo che Bruxelles e Francoforte ravvisino quello che serve (rilevanza sistemica e solvibilità) per autorizzare gli aiuti di Stato, ma senza l’intervento pubblico – presumibilmente per almeno 4,5 miliardi – la risoluzione delle due banche è inevitabile, con il bail in che rappresenta l’esito peggiore. Tuttavia, la sensazione – solo una sensazione, niente di più – è che rispetto a una settimana fa il clima tra il Veneto, Roma (Tesoro), Bce e Commissione si sia leggermente rasserenato. E uno scenario analogo a quello di Mps oggi potrebbe essere un po’ più vicino di ieri.

Passo in avanti anche sulla crisi Alitalia: si è materializzata l’intesa tra i soci (Eithad su tutti, ma anche Intesa e UniCredit, azioniste e creditrici) per un nuovo piano di salvataggio da 1,9 miliardi. Ma ora serve l’accordo con i sindacati, che invece è tutt’altro che scontato: c’è tempo fino al a15 aprile, e intanto mercoledì 5 auguri a chi vola visto che buona parte degli aerei della compagnia resteranno a terra per uno sciopero.

Giovedì il tribunale di Trani (!) ha assolto alcuni analisti di Standard&Poor’s e Fitch (!) che tra il 2011 e il 2012 in piena tempesta da spread avevano declassato i BTp. Vicenda vagamente surreale, e non solo per la cravatta tricolore indossata dal Pm Michele Ruggiero in occasione della sentenza; considerato che giusto martedì il ministro Padoan aveva rilanciato la candidatura di Milano ad accogliere un po’ di pezzi della City in fuga per la Brexit, penso che l’Italia ha ancora idee discordanti sulla finanza e sul ruolo che intende avere.

Venerdì la Cassa depositi e prestiti ha presentato il “suo” 2016: con 1,1 miliardi di utile e 30 miliardi di risorse attivate a sostegno dell’economia (per 50 miliardi di investimenti attivati, secondo i calcoli di Claudio Costamagna e Fabio Gallia), resta uno snodo fondamentale per l’economia italiana. Ma altrettanto fondamentale è il  legame con il Tesoro, che ne è il proprietario: il ritorno all’utile è stato in grand parte possibile grazie alle nuove condizioni – più salate – applicate proprio al Mef per la gestione del conto di tesoreria, e in futuro tante più risorse potranno essere mobilitate quante più partecipazioni strategiche verranno girate dal Tesoro alla Cassa (che ne diventerà titolare). Morale: sempre di più, per mettere mano alle politiche a sostegno dell’economia o al debito, si dovà passare per la Cdp.

Mentre la Cdp presentava il suo bilancio a Milano, a Roma Ignazio Visco raccontava ai 115 soci (di cui 74 entrati negli ultimi 12 mesi)  il 2016 di Banca d’Italia, che si è chiuso con 3,4 miliardi di utile: 2,15 miliardi sono andati allo Stato, insieme a 1,31 miliardi di tasse. Con la Bce in ascesa, Via Nazionale avrà perso un po’ di potere sulla vigilianza e la politica monetaria, ma resta uno dei principali salvadanai del Governo. Che entro fine anno dovrà decidere il successore di Ignazio Visco.