Intesa ringrazia la Bce, Del Vecchio aspetta, Campari compra. E il Ftse Mib corre

La Borsa è guarita dal Covid? Sembrerebbe, a giudicare dal +10% di questa settimana. Ma è presto per cantar vittoria, come ricordano anche i dati sul virus vero, quello di cui continuano ad ammalarsi centinaia di persone al giorno.

Sta di fatto che è stata una settimana così ricca di spunti che meritano di essere messi in fila per provare a dare un senso, come si faceva una volta qui in Kordusio.

Partiamo dalla fine, cioè dal bilancio di fine settimana. Venerdì Piazza Affari ha chiuso in rialzo del 2,82% portando il bottino della settimana a +10.94%. I 25mila punti in cui veleggiava il Ftse Mib prima della pandemia sono ancora lontani, ma intanto siamo tornati a 20mila punti grazie a un mix di buone notizie (il petrolio che sale con le mosse dell’Opecla Bce, l’occupazione Usa) che solo in parte spiegano e compensano la situazione di estrema gravità in cui versa l’economia reale: la certificazione è arrivata proprio venerdì, quando Banca d’Italia ha peggiorato al -9.2% le previsioni sul Pil del 2020.

 

Intesa e Ubi

Si sa, però, che come tutti i cortili non di soli numeri vive la Borsa. E allora ecco che a spiegare l’entusiasmo di Piazza Affari ci sono anche alcune partite che si stanno accendendo, con l’effetto di scaldare i titoli – alcuni molto pesanti – coinvolti. Partiamo anche qui dalla fine, e cioè dall’autorizzazione preliminare Bce giunta venerdì all’offerta di Intesa su Ubi. Era attesa e prevista, ma ha portato con sè due chiarimenti non banali su un tavolo che nelle ultime settimane si era complicato: anzitutto, Intesa ha messo nero su bianco che gli effetti della Pandemia sulle due banche non influiranno sull’offerta, interrompendo un dibattito iper tecnico sulle clausole Mac che avanti di questo passo rischiava di scappare di mano. Dunque tra le tante variabili che ancora restano, ne esce una: il Covid.

Secondo fatto: in un’industria bancaria da anni in teoria alla ricerca di aggregazioni ma in pratica assai ingessata,  la benedizione della Bce a Intesa-Ubi farà sì che eventuali contro-offerte di terzi si porrebbero come (potenziali) bastoni tra le ruote a uno dei pochi matrimoni che s’hanno da fare. Al cuor non si comanda e non è impossibile che qualche altro pretendente possa farsi avanti, ma certo dovrà avere una certa dose di coraggio, oltre che una dote più convincente per gli azionisti di Ubi.

Per chiudere: un punto a Intesa, ma – in attesa che la palla passi al mercato, dove si faranno i conti che contano – la partita non ha perso la sua connotazione “politica”, nel senso che da essa dipende il futuro del settore in Italia, ed è (solo?) su questo piano che potrebbero nel caso maturare colpi di scena (ad esempio nel giudizio Antitrust). Si vedrà.

 

Del Vecchio, Mediobanca, Generali e il golden power (!?)

Per un via libera ottenuto dalla Bce un altro che invece è stato appena richiesto: è quello di Leonardo Del Vecchio a salire al 20% di Mediobanca. Anche qui la partita è molto politica, nel senso però che va a impattare su importanti equilibri di potere, tra i pochi rimasti, che governano l’Italia. Siamo su un campo che confina con Ubi-Intesa (i giocatori, e i tifosi, sono più o meno gli stessi) ma qui il caos regna sovrano. E l’offerta del liquidissimo fondatore di Luxottica che vuole salire in Mediobanca per contare in più in Generali (senza comunque guardare ad Axa o Zurich, ha detto) offre il destro a ogni genere di complottismo. Tanto che i suoi dicono che l’iniziativa è volta a tutelare l’italianità delle Generali, mentre chi sta di là invoca l’utilizzo del golden power per difendere il Leone dallo stesso Del Vecchio che in fondo ha basato le sue attività all’estero e non manca di amici stranieri. L’impressione è che un po’ di chiarezza in più sui piani del nostro non guasterebbe, almeno per risparmiarci possibili guerre civili (probabilmente più minacciate che volute) e il rischio di fare solo l’interesse, vero, di qualcun altro che aspetta gli sviluppi con le tasche piene di soldi. Perché un dato è certo: non è un castello di sabbia più o meno ben costruito come il golden power che può difenderci dall’onda anomala quando e se arriva.

Lo shopping di BancoBpm e Campari

Infine chi fa shopping, sfruttando i prezzi di saldo (anche se i super saldi sono già finiti). C’è il BancoBpm che per 50 milioni si è comprato un altro 4% di Anima, di cui già era primo socio: siamo alle mosse preliminari, ma certo a Piazza Meda pensano che un domani possa essere utile presentarsi più robusti ai probabili tavoli che si apriranno sul destino del risparmio italiano, da sempre alla ricerca di un terzo polo  dopo Intesa-Eurizon e Generali. E poi c’è Campari, che si è comprata il 49% di una (ex) startup interessante come Tannico: siamo sempre in attesa della nostra Google, ma intanto è una buona notizia per il mondo del venture capital, dove la presenza del corporate si sta facendo sempre più rilevante, con evidenti benefici per umori e valutazioni.